Don’t Worry Darling – Recensione Narrante
Ricordatevi di non giudicare mai un libro dalla copertina, perché così come per Don’t Worry Darling, la copertina potrebbe essere molto più interessante del libro stesso.
Attenzione, questa è la versione completa, quindi ci sono anche alcuni spoiler
Don’t Worry Darling in fondo è proprio come gli anni ‘50: accattivante e pieno di promesse, ma tra decappottabili e abiti a vita alta si nascondono (e neanche tanto bene) il lato confuso, pieno di problemi e di promesse non mantenute.
La Storia: “Avete domande?” Sì. Sì ne ho tante
Qual è la storia di Don’t Worry Darling? Ve la descrivo brevemente.
Alice vive con l’adorato marito Jack in una perfetta cittadina anni ‘50, Victory, e mentre il marito va al lavoro lei trascorre le sue giornate a prendersi cura della casa e a godere delle attività che la città offre fra danza, piscine e shopping insieme alle amiche.
Tranne Margaret, amica che Alice e le altre donne hanno allontanato dopo che ha iniziato a farneticare dicendo che sono tutti prigionieri, non si sa bene come o di chi.
Alice, in questo idillio pieno di amore, prati perfetti e sole splendente inizia però a sperimentare episodi particolari e inquietanti, soprattutto dopo che vede un aereo precipitare nel mezzo del deserto. Ah, in tutto questo ogni tanto trema tutto, e nessuno sa perché.
Partendo da questa sinossi vorrei farvi capire due problemi fondamentali della storia.
Che Victory sia una farsa, la facciata splendente di qualcosa di oscuro lo sospettate nei primi 10 minuti, dopo 20 ne siete probabilmente già convinti.
L’idea è vista, l’idea è rivista, l’idea è stravista. The Truman Show, Tranquility Lane di Fallout 3, pensate all’esempio che preferite, ma almeno un esempio vi verrà in mente. Diventa prevedibile, quindi è d’obbligo aggiungerci qualcosa di nuovo, di inaspettato e distintivo.
E qui arriviamo al secondo intoppo: c’è questa svolta? Quel qualcosa che rende la storia avvincente e sorprendente?
― Ma, io non rincorrerei un aereo precipitato attraversando il deserto a piedi a mezzogiorno, però fai tu Alice
Diciamo che c’è un inganno: la storia vi riempe di domande avvincenti che incuriosiscono lo spettatore, ma non dà le risposte. Potrei scrivervi un paragrafo intero di domande interessantissime a cui il film non risponde.
Per quale motivo Victory trema (Problemi di lag, suppongo)? Jack come ci ha portato Alice? Come mai lei è andata a letto con Frank? È importante? Sì? No? Mi dite qualcosa? Perché mi fai vedere qualcosa se poi muore senza nessun seguito nelle due ore successive di film? (Avete presente il meme di Sheldon I don’t need sleep. I need answers? Ecco. Ecco.)
Se la storia rispondesse almeno a qualcuna delle domande che ci fa porre, senza fare il lavoro a metà lasciando lo spettatore a rispondersi da solo, sarebbe un passo avanti. Ma pure un salto avanti.
A metà lascia anche la vena femminista molto evidente, ma allo stesso tempo tranquillamente sorvolabile, che permea la storia anche grazie alla figura della classica donna casalinga che passa l’aspirapolvere mentre il marito va al lavoro. La cosa ha un seguito, un peso vagamente rilevante? No, che domande.
Com’è quindi la storia di Don’t Worry Darling?
È irritante, maledettamente irritante. Ti riempe di domande e poi sparisce senza farti sapere più nulla, come una persona che ti saluta dicendo “Sisi, poi ti faccio sapere”.
No, no non ti farà sapere, proprio come questo film.
I Personaggi: diciamo pure “il personaggio”
I personaggi principali di Don’t Worry Darling sono tendenzialmente quattro: Alice, la protagonista, Jack, il marito, Bunny, una vicina e amica di Alice, e Frank, enigmatico fondatore e direttore di Victory.
C’è però da specificare una questione fondamentale, ovvero che sì, i personaggi più importanti sono sicuramente loro, ma tutto il film si regge esclusivamente sulla figura di Alice, colonna vertebrale vitale per l’opera.
C’è uno stacco estremamente visibile fra il tempo, le scene e l’attenzione dedicati alla protagonista e quelli dedicati agli altri personaggi, che risultano per la maggior parte marginali al di fuori di una o due scene importanti.
Una o due, mi raccomando, altrimenti rischia che acquisiscano addirittura spessore e importanza.
Eppure dopo due ore di film in compagnia quasi esclusivamente di Alice, il film riesce a non raccontarci davvero nulla di lei, a farcela conoscere in maniera squisitamente confusa e superficiale.
Alice, sostantivo femminile: sinonimo di personaggio genericamente disperato e terrorizzato da non si sa bene cosa, chi o perché. “Alice” sembra avere una personalità interessante e degna di approfondimenti, ma è troppo occupata a mostrarsi perennemente angosciata in modo da qualificare il film come “thriller psicologico” per dimostrarla.
– In quest’immagine vediamo un guscio vuoto che si sono dimenticati di riempire, e poi delle uova che non hanno né il tuorlo né il bianco
Sugli altri personaggi ho proprio poco da dire: Jack più che un personaggio è uno strumento che appare e scompare, si trasforma e si ritrasforma in base alle esigenze narrative e al ruolo che deve assumere per far andare avanti la storia;
Bunny cambia personalità almeno tre volte nel corso del film, Frank onestamente non ho ancora capito bene che ruolo doveva giocare precisamente nel racconto, oltre a dare il pretesto per un paio di accadimenti.
Poi ci sono una valanga di personaggi più o meno di contorno che non si capisce bene chi siano e che ruolo dovrebbero avere, a partire dalla moglie di Frank fino alla nuova vicina arrivata a Victory.
In generale, tranne Alice, in Don’t Worry Darling gli altri personaggi sono tutti semplici mezzi, in un modo o nell’altro, per far andare avanti il film.
Non deus ex machina, ma dei mutaforma narrativi, pronti a trasformarsi in qualunque maschera serva per continuare.
La Narrazione: fra Mercedes e Midsommar
Per quanto riguarda la narrazione, gli aspetti principali di Don’t Worry Darling sono la tecnica con cui ci racconta la storia e l’estetica del film.
Partiamo dall’estetica: probabilmente l’unico punto davvero a favore dell’opera; la sua resa grafica fra colori, arredamenti, vestiti, trucchi e ambientazioni è visivamente molto piacevole, una cornice assolutamente adatta per la storia.
Questo stile anni ‘50 con un tocco moderno anni ‘20 (forse pure troppo: giuro di aver visto una piastra a induzione in una scena, non molto anni ‘50 se chiedete a me), grazie al suo aspetto completamente asettico riesce a inquadrare quell’idea di apparente perfezione che nasconde un disturbante segreto mentre si agita dietro alla plastica colorata e alle carrozzerie tirate a lucido.
Nota di merito anche al reparto audio di Don’t Worry Darling che, fra sussurri veloci e spezzati, bassi profondi e disturbanti e lamenti eterei riesce a mettere perfettamente a disagio;
per quelli di voi che li hanno visti, è come un misto fra gli effetti sonori di Midsommar e la musica nella parte finale di Annihilation. Un misto decisamente inquietante, ed è forse proprio il suono la parte del film che riesce più di tutte nel suo scopo di inquietare lo spettatore.
Parlando invece del ritmo e del metodo narrativo, Don’t Worry Darling sceglie di raccontarci la sua storia intrecciando tre aspetti;
– Inquietante eh, va detto
un sentiero lineare per raccontare i fatti principali, delle immagini che appaiono e scompaiono velocemente fra una scena e l’altra come degli inquietanti messaggi subliminali (esistono messaggi subliminali che non siano inquietanti?) ed eventi insoliti, sempre più disturbanti, che si intromettono nella quotidianità di Alice.
Ma qui torniamo allo stesso problema della storia: questi intermezzi, volutamente invasivi ed evidenti, non hanno delle grandi ripercussioni.
Lo spettatore si fa molte più domande su questi eventi di Alice, più preoccupata da non si sa bene cosa piuttosto che da strani sogni e mura che le si stringono intorno, ma il film non ci dà molte risposte.
Non è chiaro se questi episodi avvengono in un qualche modo realmente o sono nella testa della protagonista, se sono un “avvertimento” per lei o per lo spettatore, un mezzo narrativo per metterci a disagio come nel caso degli effetti sonori o parte integrante e fondamentale anche della trama.
Belli per carità, ma non ho capito qual era esattamente lo scopo, anche perché alla fine hanno ripercussioni minime sulla storia, ma ingerenza massima.
La narrazione è quindi a mio parere, nonostante tutto, la parte più riuscita di Don’t Worry Darling; purtroppo però la narrazione di una storia non può salvare del tutto un film se, come in questo caso, manca una storia solida da, beh, narrare.
Conclusioni e Voto
Don’t Worry Darling si sarebbe dovuto preoccupare un po’ di più della sua storia e soprattutto del dove voleva andare a parare, perché secondo me a un certo punto se l’è dimenticato.
Certo, da un punto di vista audio e video è un ottimo prodotto, soprattutto se apprezzato in una sala cinematografica, ma per il resto è pieno di qualsiasi cosa venisse in mente agli autori, finendo col vagare per due ore senza una meta precisa verso ogni spunto che gli sembri interessante, dimenticandoselo dopo cinque minuti. Ha un po’ un deficit dell’attenzione insomma.
Com’è Don’t Worry Darling? Don’t Worry Darling è un film vuoto.
Bellissima confezione, ma non c’è nulla dentro.
Voto: 5.5 su 10
“Tecnicamente” si, “Praticamente” no
La storia pone delle aspettative che poi la narrazione effettiva delude per la maggior parte. Non è propriamente brutta, ma alla fine lascia più dubbi sulla sua qualità che certezze sui suoi pregi.
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